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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2014 alle ore 16:21.
L'ultima modifica è del 15 novembre 2014 alle ore 19:59.

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(Afp)(Afp)

LUGANO. L'istituto centrale elvetico in questi giorni vive tensioni insolite. Il 30 novembre infatti si vota su un'iniziativa che propone di fissare le riserve in oro almeno al 20% delle riserve totali della Banca nazionale svizzera (Bns) e di rendere invendibili i lingotti accumulati. L'esito del voto, secondo i sondaggi, è incerto.

La Bns è in campo contro l'iniziativa e Fritz Zurbrügg, uno dei tre membri della direzione generale della Banca, è in prima linea. «Alla base dell'iniziativa c'è un fraintendimento – spiega – Si dice che più c'è oro, più c'è stabilità. Ma la realtà è diversa. La stabilità della valuta oggi dipende soprattutto dall'attuazione di una politica monetaria indipendente e credibile.

La proposta di fissare al 20% il minimo delle riserve in oro in combinazione con il divieto di venderlo intacca duramente la nostra flessibilità nella gestione della politica monetaria, ci costringe a comprare oro a ogni allargamento di bilancio. La proposta di rendere quest'oro invendibile riduce, inoltre, il valore delle riserve auree di fatto a zero, perché non si possono più toccare. Il nostro mandato è la stabilità dei prezzi, non l'accumulo di oro invendibile».

La Bns sa bene che, tra l'altro, un sì nella votazione popolare porterebbe con ogni probabilità a un rialzo del prezzo dell'oro, con possibili perturbazioni sul mercato mondiale del metallo giallo e con ancor maggiori oneri legati agli acquisti. Ma c'è anche un altro punto rilevante: la Bns potrebbe non aver più risorse sufficienti per difendere il cambio euro-franco a 1,20, soglia difesa anche con acquisti ingenti di moneta unica europea. «L'accettazione dell'iniziativa ci complicherebbe anche - afferma Zurbrügg - la difesa della soglia minima di cambio 1,20 con l'euro. La soglia è stata cruciale e ora deve rimanere per tutto il tempo necessario. Il rischio di un apprezzamento eccessivo del franco c'è ancora. Se passasse l'iniziativa i nostri margini di intervento sulle riserve valutarie si ridurrebbero drammaticamente, con conseguenze negative per l'economia svizzera. Un franco troppo forte inciderebbe negativamente sulle nostre esportazioni e farebbe aumentare il pericolo di delocalizzazione all'estero delle nostre produzioni. I problemi di un franco troppo forte, d'altronde, sono ben conosciuti in Svizzera ed in particolare nei cantoni di frontiera, come il Ticino. Si conoscono bene gli effetti di perdita di competitività che può avere un franco che diventa troppo forte, su settori dell'industria e dei servizi o su un settore come il turismo. Anche per questo la BNS deve poter operare con flessibilità, senza vincoli come quello proposto per l'oro». L'attesa per la votazione del 30 novembre ora cresce, in Svizzera e non solo.

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